2018/ Vanity Fair - Intervista

CHIAMAMI COL MIO NOME

Non sempre il nostro corpo dice davvero chi siamo, qualche volta trovarci e riconoscerci è un
viaggio di trasformazione , che per alcuni inizia fin da piccolissimi. Ci siamo fatti raccontare il
cammino, appena iniziato di 4 ragazzi trans, e abbiamo deciso di mostrarvi anche loro volti , perché
il coraggio è una musica allegra e contagiosa
“Quando ero piccola ”- è il momento in cui comincia la storia di Ludovica , nata Luca, una
bambina che si è fatta spazio – tra le convenzioni, nelle aspettative degli altri , in un corpo che
non le corrisponde ancora – con determinazione e un’ombra di fatica quella che le sembrava
di cogliere nei grandi negli occhi dei grandi
“Ma io fatica, per chi era lei , non l’ho mai fatta davvero” dice Roberta , sua mamma.
Avevo questo figlio che già da piccolissimo amava mettersi le mie scarpe, e le mie gonne, per far
finta di avere i capelli lunghi . All’inizio non ci facevo nemmeno caso, ma quando mi è sembrato
che questo gioco stesse diventando un’ossessione, io e suo padre – siamo separati ma sempre
genitori – ci siamo rivolti una psicologa, e con lei che tutto è diventato dolore , pena e colpa.
Colpa del papà che doveva simbolicamente rompere tutti i giocattoli rosa che Luca ci chiedeva
e che erano gli unici a renderlo felice , della nonna stilista , poteva essere lei ad ispirare i
travestimenti; colpa mia, non so nemmeno più per cosa .
Di fatto quello che questa dottoressa ci stava facendo fare – e me ne sono resa conto solo anni dopo- era un percorso di riconversione. Luca capiva tutto, le pressioni, i non detti , l’ idea che fosse sbagliato e allora mi prometteva “ mamma, quando cresco smetto ”. Ludovica, seduta accanto a sua madre che racconta, ricorda quelle sessioni di devastazione dei
giochi come il massimo della finzione il massimo del dispiacere. “ Facevo credere a papà che andava bene, ma poi ero tristissima . Cercavo solo di farli contenti ”. E stato quando suo padre ha detto basta a quella continua tortura , e hanno smesso di vedere la psicologa, che lei ha potuto parlare – un giorno era in terza elementare, l’ho trovata in camera che piangeva. Mi ha detto “ sono
triste mamma, perché non mi piaccio più ” perché sei un maschio? le ho chiesto “Sì ” mi ha
risposto. Noi lo sapevamo da sempre e gliel’ho detto. E poi solo ‘non ti preoccupare’.
Da allora Ludovica ha iniziato un viaggio di avvicinamento alla sua identità femminile, fatto di
piccoli fondamentali dettagli: i capelli lunghi, i colori, proprio tutti, e in tempi più recenti una
gonna – due anni fa – , il reggiseno riempito con la carta igienica, e il trucco che per la ragazzina è
“uno scudo un’arma di difesa l’idea che mi fa svegliare felice ”
Ludovica è uno dei tanti adolescenti e gender variant che sono in attesa di ricevere i farmaci bloccanti dello sviluppo sessuale, farmaci già disponibili moltissimi Paesi. Hanno fatto un paio di incontri all’ospedale Careggi di Firenze, presentato una dettagliata documentazione – dalla perizia psichiatrica alle radiografie per attestare il grado di sviluppo – e sono in attesa di un benestare da parte del Comitato Etico. Autorizzazione che, da quando ( nel 2018) l’Agenzia del Farmaco ha
concesso l’uso di bloccanti della pubertà atipica anche nel nostro Paese, non risulta essere ancora
mai stata concessa a nessuno.

“ Il momento giusto in cui assumerli non è lungo. Se lo lasciamo trascorrere Ludovica dovrà passare direttamente agli ormoni. Ma se i caratteri sessuali secondari si manifestano tutto diventa più complicato – Intanto l’anno prossimo con l’inizio delle superiori la ragazza, farà la transizione sociale; si presenterà come Ludovica . -Quando avrà scelto la scuola andrò a parlare con il preside . A lei non importa molto che la chiamino ancora Luca, qualche volta lo faccio anch’io, ma il nome è
un pezzo del viaggio . Siamo stati fortunati : non ha mai avuto problemi con amici e compagni
che l’hanno sempre accolta senza chiusure ho pregiudizi ”
I genitori della classe si sono offerti di autorizzarla a dormire con le femmine durante il campo
scuola, e il preside già da tempo le fa usare i bagni femminili . “ Di andare dai maschi ” dice lei
“avevo un pò paura ” E questa è l’unica volta in cui Ludovica usa la parola paura .
“Sono una persona forte non mi vergogno di chi sono, non voglio raccontare bugie. A chi mi chiede
spiego, a chi mi chiederà spiegherò, anche quando per tutti sarò Ludovica ”

 


VANITY FAIR marzo 2019 di Silvia Nucini – foto Attlio Cusani – stylist Valeria Semushina